Marco Chiera
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13/03/2024 - Ultimo aggiornamento 01/04/2024

Buonomini C., Bonetti O., Novelli E. | Anno 2024

Approccio Osteopatico nella stimolazione del Sistema Endocannabinoide: un Case Report

Ambito:

Sistema endocannabinoide

Tipo di studio:

Case Report

Data di pubblicazione della ricerca:

24-02-2024

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Scopo dello studio

  • Obiettivo: mostrare un caso dove l’OMT può aver influenzato il sistema endocannabinoide.
  • Outcome misurati: valutazione dell’uso di cannabinoidi, della qualità di vita tramite Health Survey 36 (SF-36), dello stress percepito tramite Perceived Stress Scale (PSS) e dell’insonnia tramite Pittsburgh Sleep Quality Index (PSQI).

Partecipanti

  • Numero: 1
  • Descrizione: donna, 53 anni. Da 25 anni assumeva fitocannabinoidi per dormire, ridurre lo stress e il dolore cronico. Storia di cancro alla tiroide trattato chirurgicamente e a cui ha fatto seguito terapia farmacologica composta da L-tiroxina. Assumeva tibolone per la menopausa e per alcuni mesi ha sofferto di malattia di Lyme, con sintomi di pesantezza, stanchezza, febbre e affaticamento linfatico (sono emersi linfonodi sotto l’ascella) e per cui è stata trattata con doxiciclina (100mg) per 57 giorni consecutivi. Nonostante la guarigione, sono rimasti problemi di debolezza, insonnia e gonfiore ai linfonodi sotto l’ascella. In quel periodo la paziente ha consumato circa 5-6 grammi di cannabinoidi (THC) al mese.Dopo 5 mesi dalla negativizzazione nei confronti della malattia di Lyme, è iniziato il trattamento osteopatico.

Interventi e valutazioni

  • Valutazione dell’uso di cannabinoidi.
  • Valutazione della qualità di vita tramite SF-36, dello stress percepito tramite PSS e dell’insonnia tramite PSQI all’inizio dello studio, prima e dopo ogni trattamento.
  • 4 sessioni (2 al mese) di OMT da 20 minuti.
  • OMT: compressione del quarto ventricolo.
  • OMT eseguito da un osteopata con più di 10 anni di esperienza in osteopatia e 25 in fisioterapia.
  • L’osteopata ha svolto una sessione di allenamento per valutare i punti di riferimento, la pressione da applicare e eventuali effetti avversi.

Risultati

I questionari hanno mostrato una tendenza al miglioramento nella qualità della vita, nel sonno, ma non nello stress percepito.

I risultati si sono mantenuti al follow-up dopo due 2 mesi.

La paziente ha ridotto l’uso di THC a 1 grammo al mese.

Discussione

La paziente ha ridotto l’uso di cannabinoidi durante e dopo lo studio, permettendo di ipotizzare che l’OMT possa aver influenzato il sistema endocannabinoide.

Questo sistema, assieme al sistema nervoso autonomo, è distribuito in tutto l’organismo e favorisce la regolazione omeostatica influenzando il sistema endocrino ed immunitario. È infatti per questo motivo che i cannabinoidi possono risultare terapeutici in caso di dolore dolore, malattie neurodegenerative, infiammazioni, spasticità e sclerosi multipla. Questi effetti possono derivare dai legami fra i cannabinoidi e altri neurotrasmettitori (es. noradrenalina, serotonina, dopamina, acetilcolina), oltre che dalla possibile azione mimetica dei cannabinoidi sul nervo vago.

La compressione del quarto ventricolo, agendo sul sistema nervoso simpatico e parasimpatico, potrebbe arrivare ad influenzare la produzione di endocannabinoidi. In questo studio, l’OMT ha comunque favorito un miglioramento del sonno e della qualità di vita.

Servono studi più rigorosi, più grandi, con test più oggettivi per confermare questi risultati.

La recensione di Osteopedia

A cura di Marco Chiera

Punti di forza: interessante aver mostrato che l’OMT potrebbe ridurre l’uso di cannabinoidi; buona introduzione e descrizione della tecnica usata; uso di questionari validati.

Limiti: come tutti i case report, è difficilmente generalizzabile; descrizione un po’ “sommaria” dello studio, sia della paziente sia dei risultati (anche le figure potevano avere più dettagli e didascalie più approfondite); il risultato più utile in quanto legato allo scopo dello studio – la riduzione dell’uso di cannabinoidi – è messo in fondo al testo dell’articolo.
Benché nelle discussioni venga fatto riferimento alla MCID – la minima differenza da rilevare affinché si possa parlare di un risultato clinicamente rilevante – dei questionari, non viene detto a quanto corrisponde. Dato che questo valore è anche patologia-dipendente, in alcuni casi la MCID dei questionari usati è superiore ai risultati ottenuti in questo studio (ad esempio, due studi di Longo et al. in caso di lesione alla cuffia dei rotatori riportano una MCID di 23,1 per l’SF-36 e 4,4 per il PSQI).
Alcune considerazioni in relazione ai test utilizzati (es. “servono misure più oggettive”) vanno nelle discussioni e non nei risultati. A tal proposito, nonostante sia vera la necessità di misure oggettive, gli outcome soggettivi sono molto rilevanti. Non solo: trattandosi di un case report su una situazione delicata, sarebbe stato utile riportare l’esperienza della paziente.
Soprattutto nella discussione, nel testo sono presenti troppo poche citazioni bibliografiche a fronte delle molteplici nozioni e considerazioni espresse.

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