Marco Chiera
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06/09/2023 - Ultimo aggiornamento 19/04/2024

Young Park, Jacob Kabariti, Leonid Tafler | Anno 2021

Uso della terapia craniosacrale in un caso di idrocefalo normoteso

Patologia:

Idrocefalo normoteso

Tipo di studio:

Case Report

Data di pubblicazione della ricerca:

07-05-2021

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Scopo dello studio

  • Obiettivo: mostrare la gestione di un caso di idrocefalo normoteso tramite OMT con terapia craniosacrale
  • Outcome misurati: valutazione dei sintomi legati all’andatura

Partecipanti

  • Numero: 1
  • Descrizione: uomo, 78 anni. Già paziente osteopatico per oltre 10 anni, con storia medica di diabete mellito, ipertensione, iperlipidemia e, nel 2013, ictus con seguente emiparesi sinistra soprattutto agli arti inferiori, comunque recuperata del tutto.
    Negli ultimi due anni aveva sviluppato un’andatura strascicata con passi brevi, esitazione nel ruotarsi e deambulando solo sulla destra, tramite un bastone, avendo però paura di cadere e andando in freezing per il senso di mancanza di equilibrio. Presentava inoltre nocturia con un forte senso di urgenza in caso di stimolo alla minzione e difficoltà soggettive nella memoria, senza però alcun disturbo di demenza. Il paziente non ha riportato discinesia, allucinazioni, incubi, tremori, cefalea o nausea.
    La risonanza magnetica più recente mostrava una ventricolomegalia diffusa e stabile di grado da lieve a moderato. Di conseguenza, un neurologo gli ha emesso una diagnosi di idrocefalo normoteso e l’ha mandato da un neurochirurgo per effettuare uno shunt chirurgico.
    A fronte dell’invasività della manovra, il paziente ha voluto prima provare una terapia craniosacrale.

Interventi e valutazioni

  • Valutazione dei sintomi legati all’andatura.
  • Sessioni da 15 minuti, prima 3 settimanali, poi quindicinali e poi mensili come mantenimento.
  • OMT:
    • terapia craniosacrale: compressione del quarto ventricolo e drenaggio dei seni venosi.

Risultati

La prima sessione di terapia è stata ben tollerata e, nei giorni seguenti, il paziente ha notato un miglioramento significato nella sua andatura, benché la situazione sia lievemente peggiorata dopo una settimana. Dopo la seconda sessione, si è manifestato un nuovo miglioramento. Dopo la terza sessione, l’andatura è risultata notevolmente migliorata e il paziente poteva ruotarsi di 90° senza particolari esitazioni.

La deambulazione era sempre aiutata dal bastone, ma il paziente riusciva a camminare più velocemente e cominciava a sentirsi più tranquillo nel camminare in ambienti affollati. Inoltre, anche la situazione della vescica ha mostrato miglioramenti.

Le successive sessioni hanno aiutato a gestire i sintomi relativi all’andatura.

Una nuova risonanza magnetica eseguita nel 2021, 3 mesi dopo l’inizio della terapia e 12 mesi dopo la precedente risonanza, non ha mostrato cambiamenti significativi nella ventricolomegalia. Però, per il paziente la terapia craniosacrale ha favorito la riduzione dei sintomi.

Discussione

In questo studio, la terapia craniosacrale ha mostrato di poter ridurre i sintomi in caso di idrocefalo normoteso. Benché la risonanza post-terapia non abbia mostrato cambiamenti, alcuni studi mostrano come l’evoluzione della grandezza e del grado di atrofia dei ventricoli non correli alla risposta del paziente alla terapia.

La terapia craniosacrale utilizza il tocco leggero per valutare e bilanciare le restrizioni a livello del sistema craniosacrale, valutando il flusso del liquido cerebrospinale – che ricorda un ritmo respiratorio – e il posizionamento delle ossa craniali. Un ruolo particolare nella terapia craniosacrale è ricoperto dalla compressione del quarto ventricolo, che mira a bilanciare l’attività autonomica simpatetica e parasimpatetica. Applicando infatti una pressione all’occipite, l’osteopata può influenzare l’impulso ritmico craniale e aiutare il movimento del liquido cerebrospinale, riducendo così un’eventuale congestione dei ventricoli. Allo stesso scopo, anche il drenaggio dei seni venosi è una tecnica particolarmente utilizzata: in effetti, uno studio di efficacia ha mostrato che questa tecnica può migliorare l’emodinamica (misurata tramite ultrasuoni) a livello della base craniale, potendo così favorire il riassorbimento del liquido cerebrospinale.

Nonostante questo studio tratti un singolo caso, i risultati possono essere utili per considerare la terapia craniosacrale come possibile alternativa ad interventi invasivi in caso di idrocefalo normoteso. Naturalmente, servono studi approfondiscano questi risultati.

La recensione di Osteopedia

A cura di Marco Chiera

Punti di forza: interessanti risultati per una patologia solitamente trattata tramite chirurgia; buona descrizione delle tecniche usate.

Limiti: come ogni case report, è difficilmente generalizzabile; le spiegazioni date sulla terapia craniosacrale non sono salde da un punto di vista scientifico, non fosse altro per la poca bibliografia citata; sarebbero state utili delle misurazioni quantitative dei sintomi; non si può escludere un effetto placebo dato che il paziente conosceva l’osteopatia da anni.

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